Ing. Giuliano Arbizzani
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Delegato per gli Ingegneri di Forlì-Cesena
al Comitato Nazionale Inarcassa
Precedente

Gentile collega,

Si è svolto a Roma il primo round sulla nuova riforma Inarcassa, capitolo comprendente workshop internazionale e Comitato Nazionale Delegati.

WORKSHOP INTERNAZIONALE

Partecipanti con tre deputati (On. Antonino Lo Presti, Sen. Maurizio Sacconi, Sen. Tiziano Treu), due professori italiani (Sergio Nisticò Università di Cassino, Alessandro Trudda Università di Sassari), uno spagnolo (Carlos Vidal University of Valencia) e uno svedese (Ole Settergren Swedish Pension Agency).

Un video e la rassegna stampa sono scaricabili dal sito Inarcassa in: http://www.inarcassa.it/site/Home/articolo5709.html

L'intervento del professore spagnolo ha evidenziato come la loro previdenza sia in condizioni di insostenibilità simile a quella italiana e quindi alla continua necessità di intervenire con riforme.

L'esperto svedese ha illustrato la loro recente riforma che con un contributo del 18,5% del reddito pensionabile permette a tutti i lavoratori di scegliere se andare in pensione a 61 anni o fino a 75, ovviamente, innalzando progressivamente la pensione, il calcolo della pensione è di tipo contributivo quindi il sistema è sostenibile.

Il Sen. Tiziano Treu ha raccontato lo svolgimento della riforma da lui promossa e ha spiegato che non si sono preoccupati della sostenibilità del sistema ma semplicemente di migliorare la situazione delle casse dello stato.

L' On. Lo Presti ha ribadito con forza che la nostra riforma Inarcassa,obbligata dal decreto salva Italia, non sarà differita e che seguirà i binari previsti, l'unica possibilità è quella di potere conteggiare nel calcolo anche i rendimenti del patrimonio dell'ente. Ha inoltre candidamente confessato che l'idea di unire le casse private all'Inps permettendo ad essa, quindi, di incamerare il patrimonio degli enti è una tentazione forte.

Il Prof. Nisticò ha spiegato i principi di funzionamento di un sistema contributivo, alcune storture del sistema retributivo, come deve essere tarato il sistema per essere sostenibile e come il bonus demografico che permetteva di mantenere qualunque promessa sia attualmente in crisi.

Il Prof. Trudda ha illustrato le problematiche finanziarie per la sostenibilità legate alla demografia della Cassa.

COMITATO NAZIONALE DELEGATI INARCASSA

Il giorno dopo durante il CND l'ufficio studi di Inarcassa ha illustrato la propria verifica di sostenibilità a 50 anni del nostro sistema previdenziale, imposto dal decreto salva Italia, e di come, nonostante con la recente riforma abbia garantito la sostenibilità a trent'anni, non sia possibile garantire con il sistema retributivo la sostenibilità a cinquant'anni.

I professori Trudda e Nisticò hanno ampliato il loro interventi del giorno precedente.

Parte della prima giornata e la restante sono stati occupati dal dibattito dei delegati su tutti gli aspetti evidenziati.

Alcune note rilevate durante i lavori sono:

— la nostra Presidente Paola Muratorio, da sempre sostenitrice del sistema retributivo appare convinta a sostenere la riforma e a condurla in porto nei tempi imposti dalla Legge (settembre 2012);

— il dibattito sulla possibilità di influire sul patto intergenerazionale, discutendo sulla possibilità (tracciata nel decreto salva italia), di imporre un contributo di solidarietà sulle pensioni erogate, oppure di rivedere i diritti acquisiti operando riduzioni degli importi delle pensioni;

— la non disponibilità di buona parte dei delegati (specie i più anziani) ad intervenire in qualche maniera sui diritti acquisiti;

— la necessità di dovere recedere parte del contributo integrativo (4%)da finalità di tipo assistenziale ad aumentare il valore delle pensioni;

— la richiesta di permettere agli iscritti di fare versamenti volontari superiori a quelli obbligatori;

— la possibilità di eliminare la pensione di anzianità lasciando la sola pensione di vecchiaia;

— il notevole incremento delle richieste di pensionamento degli ultimi mesi, soprattutto di anzianità e di vecchiaia, comprensibile, dato le incertezze della prossima riforma; anche alcuni delegati Inarcassa a termine del comitato hanno salutato i colleghi in quanto, avendo presentato la domanda di pensione di anzianità, non potranno proseguire ad esercitare la libera professione e, quindi, decadranno anche dalla loro carica di Delegato.

Di seguito per chi volesse approfondire la conoscenza sulle tematiche riporto una sintesi della documentazione presentata ai delegati, redatta dal delegato Ing. Mario Brodolini di Macerata, cercando di sintetizzare al massimo ed eliminando ripetizioni di concetti simili ai precedenti, sminuendo le relazioni a favore della sintesi.


Ringrazio per l'attenzione e invio i miei più cordiali saluti


Giuliano Arbizzani


Cesena, lì 1.3.2012



Sommario sintesi relazioni allegate

— Allegati alla relazione dell'Ufficio Studi e Ricerche

— Relazione del Prof. Sergio Nisticò (Università degli Studi di Cassino)

— Relazione del Prof. Trudda (Università degli Studi di Sassari)

— Relazione dell'Ufficio Studi e Ricerche

1) ALLEGATI ALLA RELAZIONE DELL'UFFICIO STUDI E RICERCHE

IL SISTEMA RETRIBUTIVO.

L'obiettivo è quello di assicurare una prestazione previdenziale idonea a garantire un tenore di vita adeguato a quello del periodo lavorativo.

È presente una pensione minima (funzione assistenziale)

— La prestazione è commisurata ai redditi prodotti in un certo numero di anni della vita lavorativa

— La formula di calcolo della pensione è

P = a × Rp × N

a = coefficiente

Rp = reddito medio pensionabile

N = anni di contribuzione

Per rendere il calcolo più o meno generoso si può quindi agire:

— sul coefficiente

— sul numero degli anni per il calcolo del reddito medio pensionabile

— sull'anzianità contributiva.

In assenza di un adeguato numero di nuovi ingressi con un reddito adeguato (e cioè quanto più si avvicina la fase di maturità della gestione) sorge il problema della sostenibilità dell'ente

IL SISTEMA CONTRIBUTIVO

È un metodo di calcolo di tipo assicurativo che stabilisce uno stretto legame tra contributi versati e la speranza di vita residua al momento del pensionamento.

Gli obiettivi che consente di raggiungere sono:

— l'equilibrio finanziario;

— l'equità intergenerazionale.

— La formula di calcolo della pensione è

P = M × ctd

M = montante dei contributi versati nel corso dell'intera vita capitalizzati

ctd = coefficiente di trasformazione.

L'adeguatezza dipende esclusivamente dai contributi versati e dal loro rendimento.

I parametri che intervengono nel calcolo della pensione sono:

— l'aliquota contributiva

— il tasso di rendimento dei contributi

— il coefficiente di trasformazione del capitale in rendita (legato all'età di pensionamento e, di conseguenza alla speranza di vita residua).

Per incrementare l'importo delle Prestazioni si può:

— aumentare l'aliquota del contributo soggettivo;

— inserire nel montante una quota del contributo integrativo (legge Lo Presti)

— incrementare volontariamente il montante con contribuzione volontaria.

Assistenza / solidarietà:

nel contributivo, non è prevista pensione minima.

Equità intergenerazionale nel periodo di transizione (da un sistema retributivo ad uno contributivo) con interventi sulle prestazioni di coloro che hanno ricevuto prestazioni interamente retributive:

— contributo di solidarietà richiesto ai pensionati (presente nel Decreto "salva Italia")

— non adeguamento delle pensioni di importo superiore a tre volte la pensione sociale (presente nel Decreto "salva Italia").

IL "PRO-RATA"

Modifiche normative che riguardano il calcolo della pensione.

A decorrere dall'entrata in vigore del provvedimento (o comunque da una certa data), la prestazione pensionistica è calcolata in due quote:

— normativa previgente ("vecchie regole"), per le anzianità contributive maturate fino a quella data

— nuova normativa ("nuove regole"), per le anzianità contributive maturate successivamente a quella data.

Calcolo della quota di pensione contributiva – il coefficiente di trasformazione (cdt)

Nella previdenza pubblica italiana iI cdt tiene conto della speranza di vita al pensionamento e incorpora il tasso di crescita del PIL di lungo periodo (stimato nell'1,5% reale)

— sono rivisti, in modo automatico e con cadenza triennale, in base all'incremento dell'aspettativa di vita media

— dal 2019 rivisti con periodicità biennale (Manovra Monti)

Nella previdenza pubblica svedese il cdt viene calcolato per coorti in modo da rendere indifferente l'età di pensionamento (anticipazione o posticipazione dell'età

2) RELAZIONE DEL PROF. SERGIO NISTICÒ

In due parole:

— alla luce del D.L "Salva Italia" il contributivo è inevitabile

— Inarcassa potrà applicare un contributivo diverso da quello della "Legge Dini"

Più in dettaglio.

Il comma 24 dell'articolo 24 del D.L. 201/2011 chiede a Inarcassa di adottare entro il 30 giugno 2012 le misure necessarie "ad assicurare l'equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di 50 anni". In assenza di tali misure, lo stesso comma 24 prevede l'introduzione automatica, anche se pro-rata, del metodo di calcolo contributivo, nonché l'applicazione di un contributo di solidarietà dell'1% a carico dei pensionati per gli anni 2012 e 2013.

La possibile scelta di Inarcassa di evitare il passaggio al metodo di calcolo contributivo può essere effettuata ponendo a confronto l'evoluzione del gettito con quella della spesa "a normativa vigente".

Tale confronto consente di valutare quale sarebbe, per i prossimi 50 anni, la dinamica del prelievo contributivo necessario a generare entrate di importo uguale alla spesa lasciando invariate le attuali regole di calcolo e quindi il grado di generosità delle prestazioni.

In breve l'aliquota di equilibrio previdenziale crescerebbe progressivamente nel tempo arrivando al

20,3% nel 2035

25,8% nel 2040

30,9% nel 2045

37,0% nel 2050

41,6% nel 2055

44,2% nel 2059

continuando poi a crescere.

Ovvio che nel 2060 l'aliquota del 45% è insostenibile per chiunque.

In alternativa alla sola manovra sull'aliquota, è possibile poi immaginare un mix di misure che agisca da subito anche sulla retribuzione pensionabile, sulle aliquote di rendimento e sull'età di pensionamento. È evidente che il vantaggio di questa seconda scelta sarebbe quello di una più equa ripartizione del carico dell'aggiustamento tra le generazioni visto che la prima strada avrebbe l'inconveniente di gravare "poco" sulle generazioni che nel 2030 sarebbero prossime al pensionamento - cui sarebbe garantito l'attuale livello delle prestazioni chiedendo in cambio di pagare aliquote solo lievemente maggiori e solo per un breve lasso di tempo – e di gravare invece "molto" sulle generazioni più giovani che andrebbero incontro a livelli di contribuzione in continua ascesa e per un lungo periodo di tempo.

È agevole dimostrare che anche un simile percorso di aggiustamento porterebbe al paradossale risultato di dover chiedere agli iscritti di accettare un rendimento negativo dei propri contributi.

Alcune simulazioni già effettuate dall'Ufficio Studi evidenziano come in questo caso il vincolo imposto dal comma 24 richiederebbe di abbattere il tasso di sostituzione (rapporto tra pensione e ultimi redditi realizzati) al 40% e di innalzare l'età pensionabile a 70 anni.

Calcolando il rendimento medio annuo dei contributi versati in un simile "piano di risparmio previdenziale" si otterrebbe ancora una volta un valore pesantemente negativo (-1,54% reale) il che evidenzia in modo inequivocabile l'irragionevolezza di un percorso di aggiustamento che, con l'obiettivo di salvare il metodo retributivo, farebbe pagare ai propri iscritti il salatissimo conto di vedersi restituire prestazioni di valore nettamente inferiore ai contributi versati.

Chiaro l'obbligo di passare al contributivo

Il contributivo richiede che ad ogni iscritto venga intestato un conto corrente virtuale alimentato dai contributi e dagli interessi calcolati ad un tasso convenzionale.

Dato il profilo reddituale di un iscritto, il livello della sua pensione contributiva dipende dall'aliquota versata, dagli interessi accreditati e dal rapporto tra gli anni di contribuzione e quelli di pensionamento.

Il tasso di interesse con cui si remunera il risparmio previdenziale dovrà rispettare il vincolo della sostenibilità.

I problemi di iniquità intergenerazionale possono essere notevolmente attenuati scegliendo quale rendimento dei conti virtuali il tasso di crescita del reddito medio. Tale scelta implica, di fatto, l'attribuzione di un rendimento minore di quello sostenibile nei periodi di forte espansione demografica e di un rendimento maggiore di quello tecnicamente sostenibile nei periodi di flessione del numero degli iscritti. Infatti, accreditando a tutte le generazioni un interesse pari al tasso di crescita del reddito medio - un tasso molto meno volatile del tasso di crescita del monte reddituale, proprio perché non influenzato dai cicli demografici - le risorse accumulate nei periodi ad alta dinamica demografica garantiscono comunque il finanziamento della spesa nei periodi caratterizzati da dinamiche demografiche sfavorevoli.

Lo schema contributivo può lasciare la libera scelta dell'età di pensionamento dal momento che il pensionamento "precoce" (entro certi limiti, ad esempio minimo 61 anni) non grava sulla sostenibilità dello schema ma è autofinanziato dal pensionando che accetta una decurtazione della propria prestazione proporzionale alla maggiore durata della rendita implicita nella sua scelta.

Se il coefficiente di trasformazione deve avere il compito di spalmare il montante contributivo sulla vita residua del pensionando, esso deve diminuire all'aumentare della durata attesa della rendita. A sua volta, la durata della rendita diminuisce con l'età di pensionamento e aumenta con l'anno di nascita. Perciò il coefficiente deve aumentare con l'età a parità di anno di nascita e diminuire con l'anno di nascita a parità di età. Dal principio seguono due regole operative per la revisione dei coefficienti, assunte dagli altri paesi che hanno fatto la scelta contributiva, in particolare dalla Svezia. Alla vigilia dell'anno in cui una coorte varca la soglia dell'età pensionabile, ad essa sono assegnati i coefficienti, differenziati per età, calcolati in base all'ultima tavola di sopravvivenza disponibile. Le successive revisioni dovranno riguardare solo le successive coorti.

Ovvio che ci si dovrà discostare dal meccanismo della "Legge Dini" (L. 335/1995).

È fondamentale che agli iscritti sia chiarito, attraverso un'opportuna campagna informativa, che l'aggiornamento dei coefficienti segue l'aumento della speranza di vita e che il taglio delle prestazioni operato dall'aggiornamento dei coefficienti è effettivo solo a parità di età di pensionamento.

Ogni iscritto dovrebbe disporre di simulazioni che evidenzino di quanti mesi si deve ritardare il pensionamento per mantenere invariato il tasso di sostituzione. Tali simulazioni normalmente chiariscono come il rinvio del pensionamento necessario per mantenere invariato il tasso di sostituzione consente comunque all'iscritto di godere di un periodo di pensionamento più lungo di quello che avrebbe avuto se la speranza di vita non fosse aumentata.

In altre parole si dovrebbe spiegare agli iscritti che il ruolo dell'aggiornamento dei coefficienti è quello di persuaderli, piuttosto che obbligarli, a distribuire l'allungamento della vita tra periodo di lavoro e periodo di pensione. Chi invece volesse godersi l'allungamento della vita interamente in pensione, deve accettare una decurtazione della prestazione. Il meccanismo consente, in ogni caso, di evitare che l'aumento della speranza di vita imponga l'aumento dell'aliquota contributiva o comprometta la sostenibilità della cassa.

Col contributivo l'aumento dell'aliquota e dell'età pensionabile non sono più strumenti del controllo della sostenibilità (lo sono ancora sinché il sistema è pro-rata ma con importanza decrescente nel tempo).

Circa il tasso di sostituzione non si potrà arrivare all'80% del retributivo (40 anni di attività circa) ma molto dipenderà dalla tipologia del reddito, rinvio pertanto alle figure a seguire (Linee Reddituali e tasso di sostituzione in funzione dell'età).

Si ipotizza assumendo che al contributo soggettivo del 14,0% si aggiunga circa il 2,5% (del 4%) di contributo integrativo, cosicché l'aliquota contributiva previdenziale sia pari al 17,5% (il 2,5% del lordo viene equiparato al 3,5% del netto.

Le simulazioni evidenziano che:

— per entrambi i profili reddituali, l'importo della pensione e il tasso di sostituzione aumentano con l'età di pensionamento;

— per ogni età di pensionamento, i tassi di sostituzione sono altamente differenziati a seconda del profilo reddituale, e sono di gran lunga maggiori per la carriera parabolica

— la marcata differenziazione tra i tassi di sostituzione deriva proprio dall'applicazione della filosofia contributiva che prevede di remunerare il risparmio previdenziale di tutti gli iscritti con un rendimento uniforme (e sostenibile);

— l'applicazione di un metodo di calcolo retributivo che ambisse a generare tassi di sostituzioni "simili" per le due carriere lo farebbe, di fatto, operando una redistribuzione "nascosta" del risparmio previdenziale, ovvero sottraendone una parte agli iscritti con carriera ‘parabolicà per devolverla a favore degli iscritti con carriera "continua".

In conclusione per la capacità di restituire trasparenza al funzionamento degli enti previdenziali a ripartizione, il contributivo potrebbe consentire di ristabilire un fondamentale clima di fiducia con gli iscritti in un contesto in cui il prelievo contributivo smetterà di essere percepito come una tassa e potrà essere considerato risparmio previdenziale, obbligatorio ma remunerato.

3) RELAZIONE DEL PROF. TRUDDA

In due parole occorre privilegiare la sostenibilità degli enti piuttosto che l'adeguatezza delle prestazioni, infatti se l'ente non sarà sostenibile non ci saranno più neppure le prestazioni. L'adozione del metodo contributivo permette di guadagnare in termini di stabilità finanziaria ma non solo.

Oltre al tema della sostenibilità, viene messo in risalto come il rispetto dei principi di equità intergenerazionale, proprio dei sistemi previdenziali finanziati a ripartizione, richieda l'osservanza di elementi di equilibrio finanziario di lungo periodo anche al fine di non incorrere nel rischio di trasferimento di elementi di passività alle generazioni successive.

Limitare le previsioni a 15 anni ha comportato, per tutti gli Enti in fase di crescita demografica, risultati fin troppo ottimistici in quanto non veniva considerata la seconda fase del ciclo di vita del Fondo nella quale la maggior parte dei lavoratori, ancora attivi dopo 15 anni, sarebbero andati in pensione.

Innalzare i requisiti temporali a 50 anni è maggiore garanzia rispetto alla solidità del proprio Ente e quindi alla capacità di erogare nel futuro la rendita previdenziale maturata nel tempo.

Poiché ciascun Ente è caratterizzato da proprie specificità, viene data agli enti l'opportunità di operare rispetto ai propri parametri specifici.

I recenti interventi in tema di pensioni pubbliche sono stati espletati considerando che l'aspettativa di vita aumenterà nei prossimi 40 anni di almeno 6 anni e che negli anni 2025-38 andrà in pensione la c.d. "generazione dei baby boomers" (considerabile alla stregua di una vera e propria gobba previdenziale).

Le due circostanze combinate tra loro potrebbero infatti far sì che lo Stato si troverà in poco tempo privo di una cospicua fonte di entrata contributiva e, di contro, con un buon numero di neopensionati mediamente molto più longevi da sostenere. Tale circostanza potrebbe rischiare di diventare preoccupante nel caso in cui i futuri nuovi ingressi di lavoratori contribuenti "a seguire" risultino in numero insoddisfacente.

La distribuzione demografica degli iscritti attivi di Inarcassa al 31 dicembre 2011 è rappresentata dal seguente grafico:

Come si può notare esiste ad oggi una forte concentrazione di iscritti appartenenti alle coorti dei 35-enni, 40-enni e 45-enni.

Questo elevato numero di contribuenti andrà in quiescenza nell'arco temporale compreso circa tra il 2035 ed il 2050 con un conseguente futuro violento impatto finanziario nei conti della Cassa e rapido assorbimento del patrimonio. Bisogna infatti considerare il duplice effetto finanziario di ciascun pensionamento per l'Ente: da una parte viene a mancare il cash-flow positivo legato alla contribuzione, dall'altra si dà inizio ad un flusso di uscite correlato alla rendita pensionistica

La questione demografica può essere superata soltanto in termini di equilibrio "a regime" tra entrate ed uscite.

In Italia si sta nel tempo abbandonando il sistema di calcolo retributivo che non permette di rilevare con chiarezza il rapporto tra contributi versati e prestazione percepita, creando pertanto potenziali situazioni di squilibrio finanziario e quindi di sostenibilità di lungo periodo del sistema nel suo complesso.

Il metodo contributivo privilegia invece la funzione assicurativa che presume la restituzione nel tempo di quanto versato da ciascun lavoratore in attività attraverso l'erogazione di una rendita pensionistica, prescindendo in prima istanza da valutazioni sull'adeguatezza della prestazione attesa.

Data l'età di pensionamento quale epoca di valutazione, dovrà risultare l'equivalenza tra il montante individuale dei contributi versati ed il valore della rendita pensionistica.

Da un punto di vista fisico si può pensare ad un bilico formato da un asse temporale che, poggiando sul perno età di pensionamento, mantiene in equilibrio contribuzioni e prestazioni. La sommatoria delle singole posizioni così bilanciate garantisce finanziariamente l'equilibrio dell'intero sistema.

Il sistema stesso potrà prevedere situazioni di disequilibrio associate e computate quali misure di welfare (copertura da reversibilità, invalidità, inabilità, etc.) volte a sostenere la funzione assistenziale.

Un calcolo delle prestazioni non corretto determina situazioni di disequilibrio: ciò può accadere perché il metodo di calcolo utilizzato non impone l'equivalenza attuariale ovvero perché non si tiene conto degli incrementi delle aspettative di vita.

Riprendendo la similitudine di tipo fisico, ciò provocherebbe un disequilibrio finanziario proporzionato al maggior numero di rate pensionistiche che mediamente si dovrà corrispondere. In termini generali è intuitivo come l'equilibrio ossa essere ricostituito operando in base a tre differenti modalità:

1. Incrementando il valore dei pesi (innalzamento dei versamenti contributivi);

2. Riducendo il valore dei pesi dall'altra parte del bilico (contrazione dei coefficienti di trasformazione - riduzione della rata pensionistica);

3. Spostando il fulcro (aumento dell'età di pensionamento).

Rispetto a valutazioni attuariali e/o di politica previdenziale si tratta di risolvere un problema di ottimizzazione operando su mix delle tre differenti leve rispetto agli eventuali vincoli dettati dalla specifica situazione in esame.

Entrano in gioco anche la vita media o l'aspettativa di vita e di conseguenza il coefficiente di trasformazione (CdT).

Altro punto fondamentale è legato al fatto che la revisione dei CdT avvenga non "a grandi salti" ma con frequenza periodica sostenuta: se così non fosse si potrebbe cadere in situazioni paradossali per cui a parità di montante contributivo, tra due lavoratori coetanei andati in pensione l'anno prima e l'anno dopo la revisione decennale dei CdT venga penalizzato chi è rimasto al lavoro (nonostante presenti una minore aspettativa di vita all'età di pensionamento).

Il comma 12 dell'art.1 della Legge 247 del 24 dicembre 2007 prevedeva una revisione triennale dei CdT. La riforma Monti-Fornero restringe ulteriormente tale periodicità a far data dal 2019, riducendo al biennio il periodo di revisione automatica dei CdT. Oltre a ciò la norma, al comma 16 dell'art.24 del provvedimento, copre un limite delle Tabelle di conversione finora utilizzate che mostravano i calcoli limitatamente all'età massima di 65 anni estendendo per il futuro il conteggio degli stessi fino almeno all'età di 70 anni: ciò è conseguenza naturale del fatto che il lavoratore potrà scegliere liberamente una maggior permanenza nello stato di attivo contribuente anche al fine di migliorare la propria prestazione pensionistica.

Gli interventi inseriti nella riforma Monti-Fornero, intervenendo sulle tre predette potenziali soluzioni di riequilibrio finanziario sia attraverso l'adeguamento delle aliquote contributive che attraverso un meccanismo di correzione automatica e periodica delle età di pensionamento e dei correlati coefficienti di trasformazione rispetto alle aspettative di vita, permetteranno di soddisfare in maniera più compiuta le regole di una corretta applicazione del metodo contributivo garantendo da una parte la sostenibilità di lungo periodo del sistema e dall'altra quantificando in maniera puntuale la dovuta premialità per chi andrà in pensione in età superiori ai 65 anni.

L'adozione del metodo contributivo permette di guadagnare in termini di stabilità finanziaria (e quindi di garanzia a lungo termine della prestazione) con una conseguente riduzione delle tutele della prestazioni tipiche dei sistemi a forte protezione sociale.

Per rispettarne gli obiettivi di sostenibilità "a regime", il passaggio a contributivo richiede che venga implementato un sistema di controllo e monitoraggio permanente finalizzato, non solo alla verifica a consuntivo delle variabili aleatorie sottostanti (e quindi degli equilibri attuariali richiesti in termini di sostenibilità), ma anche all'adeguamento automatico di alcuni parametri determinanti con particolare riferimento ai coefficienti di trasformazione. Si comprende quindi come le recenti riforme (comprese le richieste in corso fatte dal nuovo Governo alle Casse dei liberi professionisti) siano sempre più finalizzate alla sostenibilità dei sistemi pensionistici di primo pilastro mirando ad ancorare le prestazioni ai contributi versati. Risulta altrettanto chiaro che il prevalere della funzione assicurativa su quella previdenziale comporterà un'inevitabile contrazione dei tassi di sostituzione attesi. I provvedimenti volti ad irrobustire i montanti individuali di questi ultimi oltre che a garantire loro migliori prestazioni assistenziali sono da considerarsi indispensabili affinché la soluzione di equilibrio rispetti il vincolo della gradualità nei sacrifici intergenerazionali. Sempre in questo senso saranno certamente determinanti anche tutte le azioni che verranno compiute per informare, sensibilizzare e responsabilizzare i singoli iscritti rispetto alle conseguenze prospettiche delle loro attuali decisioni così che ciascuno possa agire in maniera sempre più consapevole nel costruire il proprio futuro previdenziale, rispetto alla propria sensibilità oltre che alle proprie capacità di risparmio.

Altro punto fondamentale è legato al fatto che la revisione dei CdT avvenga non "a grandi salti" ma con frequenza periodica sostenuta: se così non fosse si potrebbe cadere in situazioni paradossali per cui a parità di montante contributivo, tra due lavoratori coetanei andati in pensione l'anno prima e l'anno dopo la revisione decennale dei CdT venga penalizzato chi è rimasto al lavoro (nonostante presenti una minore aspettativa di vita all'età di pensionamento). Il comma 12 dell'art.1 della Legge 247 del 24 dicembre 2007 prevedeva una revisione triennale dei CdT. La riforma Monti-Fornero restringe ulteriormente tale periodicità a far data dal 2019, riducendo al biennio il periodo di revisione automatica dei CdT. Oltre a ciò la norma, al comma 16 dell'art.24 del provvedimento, copre un limite delle Tabelle di conversione finora utilizzate che mostravano i calcoli limitatamente all'età massima di 65 anni estendendo per il futuro il conteggio degli stessi fino almeno all'età di 70 anni: ciò è conseguenza naturale del fatto che il lavoratore potrà scegliere liberamente una maggior permanenza nello stato di attivo contribuente anche al fine di migliorare la propria prestazione pensionistica. Come già accennato, il metodo contributivo riesce a spiegare i suoi effetti solo attraverso una corretta applicazione dei principi di calcolo che lo sostengono: gli interventi inseriti nella riforma Monti-Fornero, ad esempio, intervenendo sulle tre predette potenziali soluzioni di riequilibrio finanziario sia attraverso l'adeguamento delle aliquote contributive che, a regime, attraverso un meccanismo di correzione automatica e periodica delle età di pensionamento e dei correlati coefficienti di trasformazione rispetto alle aspettative di vita, permetteranno di soddisfare in maniera più compiuta le regole di una corretta applicazione del metodo contributivo garantendo da una parte la sostenibilità di lungo periodo del sistema e dall'altra quantificando in maniera puntuale la dovuta premialità per chi andrà in pensione in età superiori ai 65 anni.

RELAZIONE DELL'UFFICIO STUDI E RICERCHE

Anche qui elimino tutti i concetti sopra espressi (doppioni).

Le relazioni ed i documenti dell'Ufficio Studi a volte si sovrappongono con le relazioni e non mi è possibile conoscere chi ha espresso il concetto e chi invece lo ha ripreso. In altre parole non voglio, con i tagli, sminuire il lavoro dell'Ufficio Studi, come sempre efficiente e puntuale.

In due parole qualunque tentativo ragionevole si faccia (innalzamento di aliquote, di età pensionabile, abbassamento delle pensioni etc.) il retributivo non regge a 50 anni. Occorrerà passare al contributivo con la retrocessione di una parte del 4% (il 2,5%) destinandolo a fondo pensione anziché alla solidarietà, in modo da avere un tasso di sostituzione accettabile.

È stato redatto il Bilancio Tecnico interno 2010 a normativa vigente Bilancio che va dal 2011 al 2060.

Nel quadro normativo vigente, il sistema previdenziale di Inarcassa non soddisfa il requisito della sostenibilità a 50 anni con riferimento al saldo previdenziale (cioè alla differenza tra entrate contributive e prestazioni previdenziali, come richiesto espressamente dal Decreto 201/2011).

In assenza della sostenibilità a 50 anni, sono state svolte ulteriori valutazioni per introdurre ipotesi di modifiche di natura parametrica, via via sempre più stringenti, dal lato delle entrate e, soprattutto, delle uscite previdenziali.

Nessuna delle valutazioni prodotte con le ipotesi prese in esame è risultata in grado di assicurare un saldo previdenziale positivo per 50 anni.

Teoricamente, un saldo previdenziale positivo per 50 anni potrebbe essere assicurato dall'aliquota di equilibrio, che dovrebbe però aumentare a livelli così elevati da rendere non "credibile" questa strada.

Si è quindi passati ad effettuare una valutazione con il metodo di calcolo contributivo.

Il Saldo Previdenziale assicura la stabilità della gestione fino al 2034, il Saldo Totale (che include i rendimenti del Patrimonio) è garantito fino al 2041 (meno dei 50 anni previsti).

Alla fine del 2009, il debito accumulato (cioè la riserva matematica) sfiorava i 30 miliardi di euro, a fronte di un patrimonio netto, a fine 2009, di 4.961,4 milioni di euro.

Affinché il Saldo previdenziale sia positivo a 50 anni occorre elevare l'aliquota di equilibrio fino al 45%, un livello superiore di gran lunga anche all'aliquota dei dipendenti (33%) ma è una strada non praticabile, perché si scaricherebbe sulle giovani generazioni il debito previdenziale.

Le ipotesi di modifiche introdotte nel Bilancio tecnico 2010 per verificare la sostenibilità a 50 anni del saldo previdenziale hanno preso spunto dalle riforme attuate negli ultimi annida alcune Casse (Avvocati e Geometri).

Anche con l'adozione di questi parametri non si ha saldo previdenziale positivo a 50 anni, sono state allora introdotte modifiche (con gradi via via crescenti di "incisività") aggiuntive anche rispetto alle altre Casse (ad es. l'aumento dell'aliquota soggettiva al 18%).

L'esercizio è stato interrotto quando le modifiche ipotizzate, senza assicurare il rispetto del saldo previdenziale a 50 anni, hanno finito per avvicinare la prestazione calcolata col metodo vigente (retributivo) sui livelli di una calcolata con metodo contributivo.

L'insieme degli interventi ipotetici è rappresentato quindi dalle seguenti "Modifiche limite":

— aliquota di contribuzione soggettiva pari al 18% e integrativa pari al 5%;

— innalzamento del contributo minimo soggettivo a 2.500 e integrativo a 1.000 euro;

— requisiti per pensione di vecchiaia con età minima a 70 anni e con almeno 35 anni di anzianità;

— reddito medio pensionabile su tutta la vita lavorativa;

— riduzione delle aliquote di rendimento e degli scaglioni reddituali per il calcolo delle pensioni;

— abbattimento della pensione minima a 6.000 euro.

Nonostante l'introduzione di dette modifiche particolarmente stringenti dal lato delle entrate (aumento contributi) e delle uscite (riduzione delle pensioni), non si riesce a soddisfare il requisito dei 50 anni di positività del saldo previdenziale, che pure migliora di ben 11 anni.

Vista l'impossibilità pratica di mantenere il retributivo le valutazioni condotte in precedenza con il metodo di calcolo retributivo sono state quindi svolte anche con il metodo di calcolo contributivo in base pro-rata limitatamente allo scenario base.

A regime, il metodo contributivo determina un saldo previdenziale pari tendenzialmente a 0 in ciascun periodo.

Nel caso specifico di Inarcassa, nella fase iniziale, la spesa è destinata ad aumentare per effetto del brusco aumento del numero dei pensionati a partire dal 2030, mentre il numero degli iscritti attivi, dopo il 2030, si mantiene attorno alle 175.000 unità.

In presenza di una riduzione delle prestazioni nella fase del pro rata, il saldo previdenziale rimane positivo anche nella fase transitoria del pro-rata (contribuisce anche il fatto che non vanno a montante nel calcolo del bilancio tecnico il contributo del 3% sopra il tetto).

La valutazione base presenta un saldo previdenziale che in alcuni periodi (ad es. tra il 2035 e il 2040) risulta negativo ma che in seguito tende a zero, uguagliando gettito contributivo e spesa previdenziale.

La Cassa risulta sempre sostenibile. La valutazione con parametri ministeriali (caratterizzata da ipotesi di aumento più sostenuto della produttività) presenta un Saldo previdenziale sempre positivo, per effetto di redditi più elevati e di (parte delle) entrate che non vanno a montante (contributo integrativo).

Il metodo di calcolo contributivo, se posto a confronto con un metodo di calcolo retributivo generoso (come quello vigente in Inarcassa), genera, a parità di carriera reddituale e di altri parametri, sensibili differenze nelle prestazioni individuali.

In prospettiva, la retrocessione a montante di una parte del contributo integrativo è in grado di assicurare un tasso di sostituzione più elevato.

L'evoluzione del reddito della categoria (di Ingegnere e Architetto) è uno dei parametri particolarmente rilevanti per la sostenibilità del Metodo contributivo.

In prospettiva, la retrocessione a montante di una parte del contributo integrativo è in grado di assicurare un tasso di sostituzione più elevato


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