Ing. Giuliano Arbizzani
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Delegato per gli Ingegneri di Forlì-Cesena
al Comitato Nazionale Inarcassa
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Gentile collega,


FINALMENTE AVEVO MANTENUTO UNA PROMESSA

Nel corso degli ultimi anni mi sono particolarmente adoperato per la riduzione delle sanzioni sui mancati versamenti dei contributi previdenziali.

In buona sostanza, quando un iscritto omette il versamento dei contributi dovuti alla cassa, generalmente, prima o poi, si troverà ad effettuare il versamento con l'aggiunta degli interessi e l'aggiunta delle sanzioni.

E' chiaro che la professione sta vivendo un momento drammatico e quando quasi la metà degli iscritti ha un reddito di circa €.15.000 è facile che possa trovarsi in difficoltà ad effettuare anche i versamenti contributivi.

Dovere effettuare i versamenti pregressi, aggiungerci sanzioni e interessi assieme ai nuovi versamenti da effettuare può diventare una situazione ingestibile.

Così assieme ad altri quindici colleghi sui 230 complessivi, in un atmosfera generalmente contraria e in primis contraria nella presidente della Cassa, nel 2014 siamo riusciti, con diverse vicissitudini, ad imporre in comitato la discussione sulla tematica, abbiamo prodotto autonomamente lo studio comparativo sulle sanzioni (generalmente è il centro studi di Inarcassa a produrre gli studi ma nel caso specifico non poteva essere investito del problema), abbiamo a più riprese eroso le convinzioni contrarie e, nel comitato precedente al rinnovo dei delegati (febbraio 2015), siamo riusciti ad arrivare ad una votazione su un più che significativo pacchetto di riduzione delle sanzioni, riguardante solo le sanzioni in addivenire e non una sanatoria di quelle pregresse, che, con un colpo di coda, il precedente comitato, ha bocciato.

Così in occasione della mia "campagna elettorale", fortemente contrariato dalla bocciatura, avevo scritto, quasi come anatema, che non mi sarei fermato fino a quando sarei riuscito a centrare il mio obiettivo.

Durante la sanguinosa campagna elettorale per il rinnovo dei delegati molti hanno cavalcato il problema e, con la consueta sostituzione di circa un delegato su tre, il nuovo comitato ha visto un atmosfera cambiata, persino il nuovo Presidente si dimostrava favorevole e, così, nel comitato di febbraio 2016 ci siamo ritrovati ad approvare lo stesso identico provvedimento che l'anno prima era stato bocciato, per l'entrata in vigore mancava la sola ratifica definitiva dei ministeri vigilanti.

Fortemente soddisfatto dell'obbiettivo conseguito, per l'approvazione di una riforma di cui mi sentivo padre, generalmente mi sarei gettato a scrivere una trionfale comunicazione, suffragata dalla documentazione, eppure per due mesi a più riprese mi sono interrogato sul motivo percui non avevo scritto e non mi sapevo dare risposta.

La risposta l'ho avuta a Roma durante l'ultimo comitato nazionale quando, con un inconsueta velocità, e con una negatività di cui non si ricordano precedenti, abbiamo avuto il responso dei ministeri:

Il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha ritenuto che:

"in considerazione della rilevanza delle modifiche all'impianto sanzionatorio, che viene particolarmente depotenziato nel caso di ritardato pagamento dei contributi e in considerazione del criterio di registrazione delle entrate contributive in ambito della contabilità nazionale (criterio basato sulla registrazione per cassa) risulta necessario sottoporre all'Ente un supplemento di valutazione in relazione sia alla tipologia di intervento e alla dimensione dello stesso sia ai possibili effetti in termini di possibile incentivo alla dilazione del pagamento dei contributi con conseguenze negative per i saldi di finanza pubblica ...

... pertanto la delibera dell'11 e 12 febbraio 2016 del Comitato Nazionale Delegati, così come formulata, non può essere assentita."

Nell'immediato mi ha confortato la dichiarazione del Presidente: "di fronte a questa imposizione la Cassa non può che riaffermare la propria autonomia".


IL CONTRIBUTO INTEGRATIVO DELLE SOCIETÀ D'INGEGNERIA

Non mi ero ancora ripreso dalla sonora bocciatura della riduzione delle sanzioni che il 19 di aprile viene approvato il nuovo Codice degli Appalti con una piccola assenza, infatti Il Dlgs n. 50 del 2016, all'articolo 46, riprende in maniera quasi testuale le vecchie definizioni di società di ingegneria del precedente art. 90 del Dlgs n. 163 del 2006 tranne dove affermava:

"ai corrispettivi relativi alle predette attività professionali si applica il contributo integrativo qualora previsto dalle norme legislative che regolano la Cassa di previdenza di categoria cui ciascun firmatario del progetto fa riferimento in forza della iscrizione obbligatoria al relativo albo professionale".

Per quanto possa sembrare incredibile questo è il riferimento normativo che impone il versamento del contributo previdenziale integrativo (cpi) del 4%, sulle prestazioni delle società d'ingegneria a favore di Inarcassa.

Questa piccola dimenticanza vale solo circa 53,6 milioni di euro ogni anno, il 17% del totale dei contributi integrativi e circa il 5% delle entrate contributive di Inarcassa, in buona sostanza un taglio del 5% delle future prestazioni previdenziali-assistenziali di Inarcassa.

( Edilizia e territorio: Nuovo codice, salta il contributo delle società di ingegneria: buco di 50 milioni all'anno sui conti di Inarcassa)

Una prima reazione è stata lanciata da alcuni delegati Inarcassa che hanno lanciato una petizione sottoscrivibile in internet: immotivato e ingiusto taglio alla previdenza di ingegneri e architetti , che peraltro ho sottoscritto e quindi invito tutti a sottoscrivere, nella quale si sottolinea l'assoluta incomprensibilità dell'esclusione di questo contributo presente sin dal '94.

Oltre all'aspetto meramente di sostenibilità della cassa si rileva la concorrenza sleale tra le società di ingegneria ed i liberi professionisti architetti ed ingegneri che dovrebbero continuare ad inserire il 4% del contributo integrativo in fattura, una differenza che favorisce le società di ingegneria le quali, a parità di offerta economica sarebbero avvantaggiate con la committenza finale di un bel 4%, una percentuale determinante per l’aggiudicazione di qualunque incarico.

La reazione della Cassa è affidata a un comunicato stampa congiunto con le altre casse tecniche, che chiedono al Governo, nel quadro della prevista adozione delle Linee guida dell’ANAC in fase di elaborazione, le necessarie integrazioni alle norme previste nel Dlgs 50/2016 sul nuovo Codice dei Contratti Pubblici, per reintegrare il cpi e anche per adottare alcuni provvedimenti relativi al Durc delle società d'ingegneria e la loro vigilanza da parte dell'Anac.

L'ovvia risposta del comunicato stampa OICE rileva che non è competenza delle casse chiedere vigilanza nel loro settore e che "Non possiamo che prendere atto della scelta del legislatore delegato di non riproporre il contributo introdotto nel 1998.", in buona sostanza, secondo Edilizia e territorio dando l'indicazione di non riversare il cpi alle casse.

( Edilizia e territorio: Contributo integrativo Inarcassa: l'Oice dà l'indicazione di non pagare)


CONSIDERAZIONI

Ora come si muoverà la cassa sul tema della riforma delle sanzioni è difficile prevederlo e questa volta non è un compito mio deciderlo o preparare una strategia, ancora meno prevedibile è come si muoverà per ricucire lo strappo del cpi.

A titolo esclusivamente personale posso fare solo qualche considerazione.

Lo scenario della previdenza italiana è piuttosto cupo, le cosiddette buste arancione dell'Inps, che sono un estratto conto dei versamenti e una conseguente simulazione della pensione, dovrebbero essere ormai pronte e quando arriveranno è prevedibile che ci sarà molto fermento, già quest'anno le manovre sulle pensioni si stanno facendo sentire sui nuovi trattamenti previdenziali, non a caso Boeri il presidente dell'Inps, sta facendo pressing sul governo per affrontare il problema, le pensioni dei nonni adesso funzionano anche da ammortizzatore sociale non solo verso le terze età ma anche verso buona parte dei giovani disoccupati.

Le Casse professionali sono nate per garantire la previdenza obbligatoria di base di alcuni settori del lavoro, sono state privatizzate dallo stato per potere ridurre il campo della previdenza che incide sulle casse del bilancio pubblico, ovviamente con l'impegno a mantenere i conti in ordine e, quindi, a non dovere mai più tornare in default allo stato.

(D.lgs. 504/94, primo articolo,

comma 1: "Gli enti … sono trasformati … in associazioni o in fondazioni … a condizione che non usufruiscano di finanziamenti pubblici o altri ausili pubblici di carattere finanziario"

comma 2: "Gli enti trasformati continuano a sussistere come Enti senza scopo di lucro e assumono la personalità giuridica di diritto privato…")

La nostra cassa per il favorevolissima demografia (poche pensioni pagate inizialmente molte nuove iscrizione di giovani) ha mantenuto i conti in regola nei due decenni passati, con le preoccupazioni per la previdenza pubblica ci è stato imposto di dimostrare che, in condizione di stress test, i conti siano in ordine per i prossimi 50 anni e, lo Stato, a seguito dell'ultima riforma, ha certificato che questi obiettivi sono rispettati (l'Inps con gli stessi criteri non è sostenibile a cinque minuti).

Eppure, adesso, oltre ad essere inclusi nell'elenco Istat delle pubbliche amministrazioni, pur non avendo mai usufruito di finanziamenti pubblici, siamo obbligati ad effettuare risparmi sulla spesa corrente da riversare allo Stato (spending review) si aggiunge che qualunque nostro mancato introito ha conseguenze negative per i saldi di finanza pubblica.

La situazione ora è ulteriormente aggravata, lo stato è alle corde e ha bisogno di disporre di tutte le risorse possibili, il nostro luminescente tesoretto di 8 mld è continuamente fonte di osservazione (senza considerare il patrimonio complessivo delle casse di circa 75 mld), un pensiero sicuramente costante è la tentazione di acquisirlo per le necessità di cassa e poi pensare a pagare in qualche maniera nel futuro le pensioni, una seconda tentazione è quella di impiegare in maniera proficua per lo stato l'investimento di questo capitale, un ulteriore tentazione è quella di coinvolgere le casse nel reperimento del capitale necessario per assicurare una qualche forma di reddito sociale (reddito di cittadinanza e amenità simili) con la proposta all'uopo di portare al 28% la nostra contribuzione, ma ancora ci sono richieste da parte di terzi di calmierare il mercato edilizio immettendo il nostro patrimonio immobiliare sul mercato a prezzi contenuti.

In questo filone si inserisce l'autonomia della cassa, le pensioni andranno pagate e quindi il capitale deve rendere, secondo la riforma Inarcassa i nostri contributi saranno rivalutati obbligatoriamente almeno dell'1,5% (qualcuno racconti a quelli delle buste arancione che la loro pensione è ancorata al PIL italiano e, che, nella simulazione è considerato normativamente il PIL in aumento dell'1,5% annuo quando per questo anno che sarà positivo sarà circa +0,6%).

Se consideriamo l'iniqua doppia tassazione a cui sono sottoposte le casse private sottoposte al sistema ETT (Exept-Taxed-Taxed/Esenti-Esenti-Tassati) cioè i contributi previdenziali non sono tassati al loro versamento (Exept/Esenti), ma i rendimenti dei contributi sono tassati durante il periodo di accumulo (Taxed/Tassati) e sono tassati al momento dell'erogazione previdenziale (Taxed/Tassati), sperequata rispetto al sistema previdenziale pubblico italiano EET (Esenti, Esenti, Tassati) e a tutti i restanti paesi dell'unione europea che sono EET tranne Svezia e Danimarca, si certifica che l’Italia è il Paese europeo che, quanto alle Casse private, ha il peggior peso fiscale dell’eurozona.

Orbene noi poi dobbiamo pagare le pensioni quindi il nostro capitale deve obbligatoriamente rendere, se nel 2015 c'è un asfissiante tassazione sulle rendite del 20%, a fronte di una promessa di ridurla al 16%, la cassa può pensare di trattare un impiego del capitale verso investimenti meno remunerativi di altri ma di interesse nazionale, se pero poi alla fine la tassazione viene portata al 26% è ovvio che diventa complicato pagare le pensioni.

L'ultimissimo strappo del cpi a carico delle società di ingegneria con molta probabilità avrà gravose ripercussioni sulla sostenibilità della cassa ed è sorprendente che queste non incidano con conseguenze negative per i saldi di finanza pubblica.

Nel passato mi sono chiesto spesso se comunque una nostra "nazionalizzazione" a fronte di una situazione fiscale così gravosa potesse essere più o meno auspicabile, in realtà cancellando la cassa ci troveremmo probabilmente alla Gestione separata INPS, cioè quella dei professionisti senza ordine professionale e relativa cassa specifica a cui versano un contributo pari 27,72% (nel 2017 al 29,72%, e nel 2018 al 33,72%) del reddito, trovandoci ad un più che raddoppio dei contributi senza un proporzionale beneficio previdenziale, senza considerare che invece del tasso minimo di capitalizzazione garantito da Inarcassa al 1,5% ci troveremmo quello dell''Inps legato al PIL.

Oramai mi sono convinto che l'autonomia della cassa vada difesa a tutti i costi, questi ultimi episodi rafforzano la mia convinzione.


Ringrazio per l'attenzione e invio i miei più cordiali saluti

Giuliano Arbizzani

Cesena, lì 31.5.2016


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